domenica 23 agosto 2015

Via Podiense. Introduzione


Via Podiense (GR 65)
da Le Puy-en-Velay a St-Jean-Pied-de-Port

Un viaggio a piedi
- dal 2 al 30 maggio 2006 -
raccontato da Daniella Forestan


Il crollo del mercato dell’escursionismo in Nepal, la paura a spingersi in territori islamici e, non ultimo, fattori certamente modaioli spingono sempre più persone a riscoprire le strade dirette a Santiago de Compostella, la città della Galizia nota per la cattedrale dedicata all’apostolo Giacomo (detto Iago, in spagnolo). Nell’ultimo decennio, grandissimo successo ha riscosso la Via francese, la supersegnalata pista che attraversa la Spagna partendo dai Pirenei, in gran parte agibile anche ai ciclisti e al turismo a cavallo. Recita un moderno detto spagnolo: “Un tempo il camino portava ai corpi santi, oggi porta ai ristoranti”.

Per quanto mi riguarda, è dai primi anni ’80 che assieme a mio marito perlustro le antiche strade dirette verso “l’estremo occidente”. Abbiamo cominciato con la strada di Arles fino ai monti del Languedoc-Roussillon, e ci faceva compagnia nostro figlio Marco, classe 1974. Per il trasporto della tenda, dei sacchi letto e dei viveri utilizzavamo un asino preso in affitto. Zorba - questo il suo nome - era nato selvaggio in Africa; catturato, era poi stato portato in Francia per lavorare come stallone. Il primo umano che ha osato mettergli un basto sulla groppa è stato Giancarlo, e la lotta quotidiana per dimostrare chi dei due era il capobranco è ancora ben viva nei ricordi di famiglia. L’anno seguente abbiamo continuato in compagnia di Felix, un asino bretone di pelo roano: il suo amore per noi era sconfinato, e quando noi tre ci si allontanava lui restava a curare la tendina, tirando calci a chiunque osava avvicinarsi!

Negli anni successivi abbiamo seguito le strade di Tours, di Vézelay e di Le Puy. La nostra prima volta a Santiago risale al 29 luglio 1989, arrivati seguendo il Camino francés. Altri tempi! Il Monxoi era ancora integro (un mese dopo, in occasione della visita papale, dapprima le ruspe lo hanno livellato per creare il campeggio dei papa-boys, poi è stato arricchito di locali commerciali di ogni genere) e sia la piazza che la cattedrale di Compostella erano semideserte, come documentano le slides scattate in quell’occasione.


In questi ultimi dieci anni io e mio marito - crescendo, nostro figlio ha scelto altre strade - siamo più volte ritornati sulle antiche tracce, percorrendo il Sentiero dei Catari nella Francia del Sud, il Camino primitivo spagnolo e, soprattutto, alcuni viaggi li abbiamo dedicati alla realizzazione di una nostra personale strada per Santiago, passando per le strutture mozarabiche (di queste non ne rimangono che 44, da noi tutte visitate), inserendo varianti per visitare le alpestri chiese di Cantabria, ricche di sculture erotiche da far arrossire d’invidia i più noti templi dell’India e del Nepal.

In tempi più recenti in famiglia si è consumata una nuova scissione. Mentre gli interessi culturali di Giancarlo propendono sempre più verso l’Oriente (26 volte in India, sei volte in Nepal, ma anche in Caucaso, Malaysia, Indonesia e nell’area Mediorientale), io ho puntato la mia rotta verso Occidente. Come insegnava il nostro amico Patrick Leigh Fermor - autore, tra l’altro, di quel gran bel libro che è Mani. Viaggi nel Peloponneso - “un viaggio si definisce tale solo se fatto a piedi e da soli”, una frase a lui molto cara visto che non mancava mai di ripeterla ogni volta che eravamo ospiti in casa sua.
E così ho ripreso a viaggiare sulle strade per Compostella. A piedi e da sola, ovviamente.

Nel 2005 ho di nuovo raggiunto Santiago partendo da Saint-Jean-Pied-de-Port; una gita di 750 km ormai classica tra gli appassionati del genere, favorita dalle molte certezze che offre: nessun ambiente apparentemente ostile, sicurezza di trovare posti per dormire e mangiare a buon prezzo, una striscia gialla continua che impedisce anche ai più distratti di perdere la costretta via…

Nel 2006 ho scarpinato lungo la via Podiense (ora GR 65), quella che da Le Puy-en-Velay porta a Saint-Jean-Pied-de-Port. Altri 700 km, passando tra paesaggi bellissimi e città medioevali del calibro di Conques, Figeac e Moissac.
Il 29 maggio io e mio marito ci siamo incontrati in quel di Charre, minuscolo villaggio dell’Acquitania, e da lì abbiamo continuato fino a Saint-Palais. L’ultima tappa l’abbiamo percorsa insieme, passando per luoghi a noi ben noti: la stele di Gibraltar, il panoramico monte di Soyarza, la chiesetta di Harambeltz - ora sempre chiusa, ma così non era negli anni ’80, quando il suo soffitto di legno dipinto con stelle, sole e luna splendenti nel cielo apocalittico si lasciò ammirare in tutta la sua bellezza. E poi Ostabat, dove un panino e una birra ci hanno dato le forze per l’ultimo strappo, destinazione Saint-Jean-Pied-de-Port, cittadina da noi ribattezzata “pied-de-porc” per l’ottimo paté di suino - una specialità locale che non dimentichiamo mai di acquistare - da accompagnare col “suo” vino basco.

Perché nella vita vi è un tempo da dedicare alla ricerca dello “spirito” e un tempo per degustarlo.


© Testo e foto di Daniella Forestan







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